La messa a fuoco automatica (autofocus)
La messa a fuoco è una delle operazioni più delicate della fotografia: un errore di messa a fuoco è, insieme al mosso, la causa principale di una foto malriuscita. Nelle fotocamere antiche si doveva stimare in qualche modo la distanza e adattare l'obiettivo usando una scala graduata in m (o addirittura lenti aggiuntive per le varie distanze). Se il soggetto era a 5 m si doveva cercare la tacca dei 5 m e ruotare l'obiettivo fino a quella tacca. Metodo poco preciso e molto lento.
In seguito con i mirini reflex furono introdotti i vetrini di messa a fuoco che permettevano di mettere a fuoco in modo molto più veloce e preciso sul vetro smerigliato o su particolari dispositivi come i microprismi o lo stigmometro a spezzatura di immagine; anche le fotocamere Leica a telemetro prevedevano un dispositivo per la messa a fuoco di precisione, il telemetro appunto.
Sembrava un irrealizzabile sogno quello di arrivare a un dispositivo automatico di messa a fuoco come per l'esposizione; nella messa a fuoco infatti interviene anche una scelta da parte dell'uomo; in un'immagine inquadrata sono di solito presenti oggetti posti a distanze diverse e solo il fotografo può sapere quale sia l'oggetto da mettere a fuoco.
Pure alla fine degli anni Settanta cominciarono a comparire i cosiddetti autofocus, dispositivi che consentono appunto una messa a fuoco automatica o semiautomatica.
I sistemi autofocus consistono sempre di due parti:
- Un obiettivo autofocus che deve avere inserito nel suo corpo un motorino elettrico di precisione in grado di spostare con precisione il blocco delle lenti;
- Un sistema di controllo, il vero cuore del sistema, nel corpo della fotocamera, da dove vengono comunicate le istruzioni al motorino.
Un obiettivo autofocus deve quindi forzatamente avere collegamenti elettrici con il corpo macchina, cosa che lo rende diverso (più voluminoso e ... più costoso) dagli obiettivi tradizionali che erano puramente ottico-meccanici e non richiedevano alcun collegamento elettrico.
I primi sistemi autofocus erano molto lenti e cadevano spesso in errore, ma con l'evoluzione della tecnica si è arrivati a livelli di affidabilità piuttosto buoni.
Un tentativo di classificazione dei sistemi autofocus è il seguente:
- Autofocus attivi: il sistema è simile a un radar o a un sonar; la fotocamera emette un'onda radio o un ultrasuono che colpisce l'oggetto inquadrato e torna indietro per riflessione; dal tempo impiegato si può calcolare la distanza e istruire il motorino dell'obiettivo a impostare le lenti su quella distanza. Questo metodo presenta diversi problemi, in particolare viene ingannato da vetrate e finestre e oggi è pressoché abbandonato.
- Autofocus a rilevamento di contrasto (Contrast Detect): usato sulle compatte e anche su reflex e mirrorless. Invece di cercare di misurare la distanza, questo autofocus muove l'obiettivo fino a quando l'immagine non presenta il massimo microcontrasto (massima differenza di luminosità tra un pixel e quelli adiacenti); l'idea è appunto che il fuoco corrisponda a questa situazione. Un difetto di questo sistema è che non è in grado di capire se l'errore di messa a fuoco sia per eccesso o per difetto e quindi in quale verso vada effettuata la correzione; questo si può ottenere per tentativi avanti-indietro rallentando la risposta del sistema. Nei casi peggiori (immagini poco contrastate) l'autofocus può impazzire entrando in oscillazione senza riuscire a trovare il fuoco. Un considerevole miglioramento della velocità si è avuto con la serie Lumix G (EVIL), brevetto Panasonic, presentata nel 2008.
- Autofocus a rilevamento di fase (Phase Detect); usato soprattutto sulle reflex di fascia medio-alta, e ora su alcune mirrorless, fa uso di un sensore specializzato che intercetta due raggi luminosi provenienti dallo stesso oggetto e che vengono prelevati e riflessi verso il sensore agli estremi opposti dello specchio reflex; misurando lo sfasamento tra i due raggi, si può misurare la distanza dell'oggetto (il metodo equivale a una triangolazione trigonometrica, dunque maggiore la base, maggiore la precisione) e istruire il motorino fino a raggiungere il fuoco preciso. Questo metodo ha il vantaggio di poter riconoscere immediatamente se l'errore del fuoco è per eccesso o per difetto. Uno svantaggio è che richiede un'accurata calibrazione.
- Autofocus ibrido affianca i due metodi precedenti sommandone i vantaggi; introdotto da Fuji nel 2010 è stato adottato anche da Nikon per il suo nuovo sistema EVIL (Nikon 1).
Ma il punto critico resta quello accennato all'inizio: come fa un sistema autofocus a decidere quale oggetto o zona dell'immagine inquadrata sia da mettere a fuoco e quale no?
Oggi con il software si possono fare cose impensabili fino a qualche anno fa, e ci sono diverse modalità di funzionamento, automatiche e semiautomatiche (nel senso che richiedono comunque una scelta da parte del fotografo):
- Singola zona: nel mirino comare una piccola zona rettangolare: il fotografo può in un modo o nell'altro spostarla fino a coprire l'oggetto da mettere a fuoco e quindi scattare. Metodo semiautomatico nel senso che richiede comunque una decisione umana.
- Multizona: nel mirino compaiono diverse zone decise dal software che fa poi una media ponderata per calcolare la distanza ottimale di messa a fuoco. Questo è l'unico metodo 100% automatico, e quindi il più comodo ed efficace; non è comunque infallibile, se ci sono significative differenze di distanza tra i vari oggetti la media ponderata può non essere la scelta migliore.
- Tracking AF: nel mirino compare una zona rettangolare, il fotografo la porta sull'oggetto, lo seleziona e da quel momento il software insegue (o meglio cerca di inseguire) questo oggetto tenendolo sempre a fuoco; molto utile per fotografare a ripetizione oggetti in movimento, ma anche questo sistema non è infallibile, soprattutto se il soggetto ha una velocità angolare elevata.
- Riconoscimento della faccia (face detect da non confondere con il phase detect di cui sopra!): questo curioso automatismo serve quando l'oggetto è un volto umano; il software riconosce la faccia e la segue anche in caso di movimenti. Oggi poi molte fotocamere possono memorizzare un certo numero di facce e riconoscerle al volo oltre che metterle a fuoco!
In definitiva un metodo 100% automatico e infallibile non esiste, ma comunque gli attuali autofocus sono in grado di azzeccare la messa a fuoco nella gran parte dei casi, soprattutto se il fotografo li usa con intelligenza.